Comunicazione e conflitto (seconda parte)

Come ho detto nella prima parte, il modo migliore di comunicare è costruire un rapporto di fiducia reciproca con l’interlocutore: conoscere il suo stile comunicativo, mostrare di comprendere il suo punto di vista, condividere… Per fare questo, due sono gli strumenti che ognuno di noi dovrebbe portare nella propria bisaccia: l’assertività e l’empatia.

L’assertività è la capacità di esprimere sinceramente quello che conta per noi, tenendo presente noi e l’altro. Significa esprimere senza giudizi il proprio punto di vista

L’empatia (dal greco “sentire dentro di sè”) comporta la capacità di ascoltare e accogliere l’altro: l’ascolto attivo significa ascoltare quello che sta oltre le parole (senza cadere nella “lettura del pensiero”). Ciò che conta è il tipo di presenza che offriamo all’altro per creare una relazione.

Per capire meglio le relazioni comunicative, ci possono aiutare spunti tratti da alcune esperienze sviluppate negli ultimi decenni negli studi delle scienze della comunicazione.

  • L’Analisi Transazionale (Eric Berne) evidenzia che in ogni scambio comunicativo noi e il nostro interlocutore (IO-TU) possiamo vivere lo scambio in modo positivo (“sono OK”) o negativo (“non sono OK”). Dalla combinazione emergono le posizioni esistenziali, che vanno da una situazione assolutamente positiva (IO sono OK -TU sei OK) a una negativa, dannosa e autolesionistica (IO non sono OK – TU non sei OK), come nel caso in cui per fare soffrire l’altro sono disposto anche a soffrire io stesso o a fare danni alle persone che mi stanno intorno… (guardate il film La guerra de Roses, e capirete cosa voglio dire). Non si vince davvero se si vince a scapito di qualcuno.
  • La Programmazione NeuroLinguistica (Grinder e Bandler) aiuta a metterci in relazione con l’altro utilizzando elementi verbali e non verbali. Ad esempio, l’attenzione allo stile comunicativo (visivo-auditivo-cinestesico); oppure lo sviluppo della sincronizzazione per uno scambio comunicativo fluido; o ancora l’esercitarsi nella riformulazione per vedere se abbiamo capito quello che l’altro ci ha detto

> Esercizio di “sincronizzazione”

in due, uno di fronte all’altro, uno comincia la conversazione, l’altro rimane presente al dialogo ma si concentra anche sull’osservazione dell’interlocutore (come tiene il corpo? Muove le mani? Dondola? Che ritmo di voce ha? Veloce o lento? Come respira?) e cerca di sincronizzarsi, cioè ripete i gesti dell’altro senza “scimmiottarlo”. Alla fine si chiede all’interlocutore come si è sentito e… si cambia turno.

Obiettivo: 1)sviluppare la nostra capacità di osservare il non verbale dell’altra persona. 2)provare che adeguando il nostro non verbale all’altro, sincronizzandolo, ci si può sentire o fare sentire più accolti e a proprio agio come punto di partenza per una migliore relazione.

  • La Comunicazione Non Violenta (Rosenberg, ispirata al lavoro di Rogers) è un modo di pensare e parlare che mira alla comprensione e al rispetto reciproco nelle relazioni. E’ stata sviluppata per recuperare una comunicazione naturale nell’ottica di gestire il conflitto in situazioni molto complesse, poiché nelle relazioni è possibile essere pacifici. Per la CNV “la violenza è l’espressione tragica di bisogni non soddisfatti”. E’ un processo in quattro tappe che permettono di esplicitare alcuni elementi della relazione spesso nascosti dal pregiudizio e che permettono di metterci in una relazione cuore a cuore con l’altro. Le tappe sono:
  • non confondere osservazione e valutazione (oggettività)
  • esprimere i propri sentimenti
  • esprimere i propri bisogni
  • formulare una richiesta costruttiva

> Esercizio

  1. Pensate a una difficoltà che state vivendo con qualcuno.
  2. Descrivete la situazione con oggettività: “Quando penso al momento in cui…”,
  3. elencate un sentimento: “… mi sento…”,
  4. esprimete un bisogno non soddisfatto: “… perché ho bisogno di…”,
  5. citate l’azione che l’altro potrebbe compiere per prendere in considerazione i vostri bisogni: “… e ti chiedo se saresti d’accordo di…”

L’esercizio costante della CNV ci aiuta ad ampliare il nostro vocabolario dei sentimenti e dei bisogni: troppo spesso, infatti, viviamo in un preoccupante impoverimento della consapevolezza di dare un nome a ciò che è dentro noi. Dobbiamo imparare di nuovo a educarci e a educare a dare un nome ai nostri sentimenti e ai nostri bisogni, perché essi ci possono mettere in contatto profondo con gli altri.

Quelli che ho scritto sono solo pochi spunti per capire come la comunicazione consapevole può arricchirci la vita, perché “nella comunicazione, nelle sue diverse forme, siamo tutti imbarcati in ogni momento della vita” (Borgna).

Per leggere vedere e ascoltare…

Nell’attività di formazione su negoziazione e conflitto mi sono sembrati utili questi spunti:

film

  • La guerra dei Roses (sul conflitto)
  • Carnage (sul conflitto)
  • Il discorso del re (difficoltà di comunicazione)
  • La leggenda del pianista sull’oceano (empatia, punto di vista)

musica

  • Enjoy the Silence (Depeche Mode) “Words are very unnecessary/They can only do harm”
  • Keep Talking (Pink Floyd) “All we need to do is make sure we keep talking”
  • Luce (Elisa) “Ascoltami… ascoltati…”
  • Le mie parole (Samuele Bersani) “Le mie parole sono sassi/ precisi aguzzi pronti da scagliare/
  • su facce vulnerabili e indifese…”
  • Prima di partire per un lungo viaggio (Irene Grandi) “…prova ad ascoltare un po’ di più..”

libri

  • Le parole sono finestre (oppure muri), M. Rosenberg, Edizioni Esserci, 2003
  • Manuale di sopravvivenza al conflitto, D. Scaglione, P. Vergani, Full Vision, 2000
  • Parlarsi, E. Bogna, Einaudi, 2015
  • Litigare fa bene, D. Novara, Rizzoli, 2014
  • Ricomincia da te!, E. Rolla, Gribaudi, 2003

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